Mappa dell’albergo alla mano cerchiamo subito il diving! Direzione: spiaggia! Un casottino alla fine dello stradello di
pietra, con l’insegna generica "WATERSPORTS", sembra fare al caso nostro, peccato che e’ deserto! Guardiamo in giro per
trovare qualcuno che corre a darci il benvenuto, ma si avvicina solo un ometto settantenne in pantaloncini e camicia da
Magnum PI e ci chiede se stiamo cercando il diving. Si !!!! Esatto!!!! Lo seguiamo sorridenti e soddisfatti giusto per i
secondi che bastano a realizzare che sotto l’aspetto innocuo dell’anziano signore, si nascondeva un subdolo raccattaclienti
di una baracca di lamiere e legno adibita a fantomatico centro immersioni!!!! Gentilmente, vista la sua età, gli spieghiamo
che non era quello che stavamo cercando e ritorniamo sui nostri passi contemplando il biglietto da visita che ci ha donato
in caso di ripensamenti! Dopo varie escursioni in Asia ci siamo abituati un pò a tutto, scordando, nella maggioranza dei
casi, la comodità delle barche del Mar Rosso costruite a pennello per gli amanti delle immersioni o la perfetta
organizzazione di casa nostra. Ma noi eravamo in cerca di uno dei più rinomati diving-centre di Bali, con milioni di stelle,
decennale esperienza, raccomandato da molte guide turistiche e scelto anche da famosi fotografi subacquei e tutto ci
saremmo aspettati tranne che di cadere dalla padella nella brace!
Continuiamo a girovagare. Da qualche parte deve pur essere! Finalmente, nascosto tra le palme, vediamo il loro stemma.
Hanno l’ufficio proprio dove consegnano gli asciugamani da mare. Chiediamo informazioni al signore impegnato ad accatastare
le salviette. Ci risponde che "quello del diving" é già andato casa. Sono le cinque del pomeriggio. Sconsolati andiamo alla
reception già pronti a reclamare, ma ci risolvono immediatamente il problema perché possiamo prenotare l’immersione
direttamente da loro, anche per il giorno dopo! Non è così che di solito facciamo, ma siamo abbastanza fiduciosi e
garantiti visto che siamo in uno dei migliori hotel di tutta l'isola che ci offre i servigi di uno dei migliori diving. Per
non perdere una giornata decidiamo di seguire l'inusuale iter e, totalmente al buio, prenotiamo per Tulamben, immersione
semplice, dove si trova un relitto della II guerra mondiale. Tutto è pronto, dai calzari alle maschere, ma la strana
sensazione di non avere la situazione sotto controllo mi disturba il sonno.
Il giorno dopo, puntuale come da programma, alle 7,30 ci passa a prendere un pulmino che in due ore e mezzo di tragitto
ci porterà sulla costa a un centinaio di chilometri dalla zona turistica dove siamo alloggiati. Oltre all'autista abbiamo
la compagnia di un altro ragazzo balinese che sarà la nostra guida subacquea. Sempre per esperienza, l’avere una guida
locale non ci scompone, perchè, se sulla terraferma non sono proprio impeccabili come quelle straniere, hanno la conoscenza
dei luoghi di immersione e degli orari di marea di chi dentro il mare ci è cresciuto. Una volta abbiamo fatto quattro
immersioni con una guida indonesiana per scoprire solo al momento di firmare i divelog, e senza averne avuto il minimo
sospetto, che era solo un open water con migliaia di immersioni che però non aveva i soldi sufficienti per pagarsi i brevetti!
Tra risaie a terrazza e foreste di palme, vediamo apparire il mare. La terra da questa parte dell’isola è di origine
vulcanica e la schiuma bianca delle onde separa la spiaggia nera dall’azzurro intenso del mare. Più ci avviciniamo e più si
ingrandiscono i marosi, menomale che abbiamo ancora della strada da fare, sicuramente dietro la curva c'è una baia tranquilla
che ci aspetta. Dietro l’angolo invece, c'è una specie di radura con un altro pulmino solitario posteggiato! Ci fermiamo.
L’atroce dubbio che siamo giunti a destinazione diventa realtà quando una decina di donne e ragazzi locali si sbrigano ad
accaparrarsi le nostre attrezzature e le bombole per poi sparire dietro gli alberi. La guida vede il mio sguardo attonito e
decide di aprire bocca solo per dirci di seguire il codazzo di portatori su una spiaggia di sassoni neri. Non ciottoli, non
scogli, ma sassi delle dimensioni e dalla forma di meloni!!!! Il tragitto è di un paio di centinaia di metri e non sarebbe
stato niente se avessimo visto una barchetta ad aspettarci tra le onde di più di un metro che si infrangevano con un tremendo
frastuono sulla riva! Niente!!! Neppure adesso la guida ci chiede di mostrargli il nostro brevetto, non ci chiede quando è
stata l’ultima volta che ci siamo immersi, quante immersioni abbiamo fatto, non ci fa firmare nè scarico di responsabilità,
nè l’assicurazione prevista dal depliant del diving, ma rincara il mio disappunto, informandoci che l’immersione partirà da
terra! Il relitto della nave è posizionato a una ventina di metri dalla riva, a sei metri di profondità e poi si inabissa
fino a trenta. Ho bisogno di bere, ho la gola secca. Odio le immersioni da terra!!! Facile dire che bisogna essere tranquilli
e rilassati prima di scendere! Rimpiango lo scoglio del Barbiere, a confronto potrebbe essere una spiaggia delle Bahamas!
Mi siedo. Come se fosse semplice e comodo su un pavimento di poponi! La guida è già abbigliata per entrare in acqua, io no!!!!
Il breafing è stato praticamente un susseguirsi di sì e no alle mie domande, sempre le stesse è vero, profondita’ massima,
segnali di sicurezza, segnalazione delle atmosfere, procedura per il compagno perso etc.., ma tutte necessarie per evitare
qualsiasi malinteso. Essere scrupolosi può fare la differenza tra una bella passeggiata sott’acqua e una vicenda
traumatizzante in tutti i sensi anche se controllare e verificare ogni particolare dell’attrezzatura, ripetere, ogni
procedura di emergenza, tutte le sante volte, ogni immersione, è sicuramente la parte più noiosa e capita che con l’abitudine
e la confidenza si tenda ad eluderle specialmente quando anche qualcun altro lo fa. Sono praticamente certa di essere
passata ancora una volta per la rompiscatole di turno, ma abbiamo già chiuso gli occhi troppe volte compreso il fatto di
constatare che non abbiamo con noi il bombolino dell’ossigeno. La scoperta è avvenuta quando siamo scesi dal pulmino e le
bombole erano solo sei e tutte color metallo. Colpa nostra che non abbiamo controllato subito, anche se ad essere sinceri
lo davo per scontato, visto che anche i diving più disperarti che abbiamo incontrato ce l’avevano sempre avuto. Nel mio
profondo ottimismo penso che forse lo tengono nel ristorantino lì vicino che sembra fare anche da ufficio, rimessa attrezzi
e supporto logistico. Ci fumiamo una sigaretta mentre bevo una coca-cola, sperando che mi dia il coraggio di affrontare i
cavalloni che ho davanti! A sigaretta finita decido di alzarmi anche perchè il posteriore inizia a essere dolorante!
Indosso l’attrezzatura mentre cerco di risolvere la dannata proporzione: se le onde a riva sono così potenti, quanto sarà
forte la risacca????
Su suggerimento della guida, le pinne le indosseremo appena passato il primo frangente delle onde. Peccato che subito dopo
c'è uno scalino di un metro e mezzo, così mi ritrovo a fluttuare tra la schiuma, sbatacchiata a destra e a manca, provando
a mettermi le pinne per riacquistare un minimo di padronanza. La pazienza è la virtù dei forti e anche il Conti arriva in mio
soccorso. Ci stiamo allontanando in fretta verso il largo per evitare di essere rischiaffati sui sassi quando la guida
ci fa segnale di immergersi immediatamente! Non se ne parla neppure!!! Devo ancora riprendere fiato!! Con i polmoni così
pieni di aria non riuscirei a scendere neppure se mi legassero ad un corpo morto! Io, aspetto e poi mi rilasso e poi quando
mi sono ripresa, insieme al mio compagno, scendo! E’ vero che questo mare non lo conosciamo, ma e’ pur sempre acqua salata
come quello di casa nostra!
Il fondo è sabbioso e a cinque metri la risacca è forte come nel buco della parete del Sara, ma di sassi per aggrapparsi
neppure l’ombra! Ogni centimetro è una battaglia, ma in lontananza si vede la fine del pianoro e allora ci diamo sotto.
Passiamo attraverso una squarciatura del relitto per scendere dietro ad un muro riparato dalla corrente. Anche al corallo
di fuoco piaceva quell’angolo tranquillo per rilasciare le proprie spore e il viso mi inizia a friggere come frustato da
tante ortiche. La visibilità non è eccezionale, è difficile individuare la forma del relitto. Pesci, anemoni e coralli. C'è
un pò di tutto e proprio mentre iniziavo a godermi l’ambiente marino, ecco che incontriamo la corrente a favore contro cui
dobbiamo combattere se non vogliamo farci tutta la parete in cinque secondi. Spirografi, un pesce flauto, pesci latte,
titani che ventolano le uova, qualche platax, uno scorfano neppure tanto grosso.
E' vero che ci stiamo abituando male, ma l’immersione è più gradevole per le luci e le sagome scure della carcassa della nave
che per quello che ci abita sopra. Giriamo la prua per tornare indietro e rieccoci sui sette metri del pianoro di sabbia
dove la risacca di traverso ci rotola come cespugli nel deserto.
Incontriamo un gruppo di anguille giardiniere, Antonio cerca di stare fermo per fargli una foto, arrivano tre giapponesi
tutti presi a nuotare contro corrente e loro spariscono nella sabbia!!!
Vediamo qualche altra cosa da immortalare, ma fare le foto è praticamente impossibile considerato che ogni onda sposta noi
e i pesci due metri da una parte e dall’altra.
Inizio ad essere stanca, un crampo mi dà noia al polpaccio. Rimedio, ma mi rimane indolenzito. Restare ancora sotto con
queste condizioni è un inutile spreco di energie. Antonio mi segnala se voglio risalire, non me lo faccio ripetere! Anche
se gli ultimi dieci minuti li abbiamo fatti tutti sopra i sei metri, ci dirigiamo verso la costa in modo da evitare fino
all’ultimo le onde. Duello ancora una volta con la risacca e finalmente sott’acqua appare il muretto di sassi. Risaliamo,
gonfio il gav come una zampogna, sono stanca morta. Provo a camminare, ma è troppo fondo, non ci arrivo! L’ onda successiva
mi aiuta portandomi direttamente sui sassi. Quando il mare si ritira l’acqua mi arriva sotto le ginocchia. Per un istante
riesco a rimanere in piedi fino a quando non provo a togliermi le pinne e al primo tentativo frano per terra!!! Più che in
terra ora non vado! Mi tolgo le pinne, ho ancora l’erogatore in bocca e posso fare tutto con calma anche se le onde mi
sommergono. Sono in procinto di togliermi l’attrezzatura quando ecco che viene qualcuno a rovinarmi tutto!!! Mi stanno
tirando per le braccia, mi urlano di alzarmi. Non ce la faccio!!! Il crampo mi ha fregato la gamba sinistra e l’unico modo
per rialzarmi è togliermi la bombola. Loro continuano a trascinarmi sulle pietre e avrei rischiato la squartatura se non gli
avessi intimato in malo modo di lasciarmi stare!!!! Finalmente capiscono le mie intenzioni, mi attacco allo snorkel e,
mentre Antonio, approdato illeso, mi prende il gav, io mi alzo e mi avvio sotto l’albero con una delle peggiori arrabbiature
della mia vita!!! Prima di tutto con me stessa per non aver rinunciato subito davanti al mare impetuoso, con il diving
perchè un’immersione del genere me la poteva vendere, magari a meno, anche il nonnetto della spiaggia e poi con quegli
incoscienti che mi hanno allungato le braccia di cinque centimetri!!!! Al nostro ritorno scopriamo che non siamo più gli
unici idioti, insieme ai tre giapponesi. Altri impavidi sub sono arrivati però stanno temporeggiando sperando in un pò di
tregua dal mare. Giusto a titolo di cronaca va anche detto che tutte le signore che hanno tentato di uscite dall’acqua, non
hanno raggiunto la riva con le proprie gambe senza prima essersi levate l’attrezzatura!
Per me un’ immersione così basta e
avanza!! O il mare spiana o io non ci rientro! Nella prima abbiamo fatto 29 metri, fortunatamente senza affanno, ma il
crampo vuol dire che mi sono affaticata, inoltre per ritornare all’albergo bisogna risalire la montagna locale intorno ai
mille metri e dubito che avremo il tempo per desaturarci un pò. Mangiamo un boccone, anche Antonio è stanco, ma ha accusato
meno l’entrata e l’uscita traumatiche. Passa un’oretta e mezzo e le onde a riva sembrano meno insidiose. La situazione
comunque non mi convince e resto ferma sulla mia decisione di boicottare la seconda immersione. Antonio sceglie di andare di
nuovo, ricaricato dall’energia del sandwich al bacon, ma questa volta preferisce non portarsi la macchina fotografica con il
rischio di spaccarla sui sassi! Come sempre accade in questi casi il Conti vede: due frog fish, uno scorpion fish viola, una
ciprea che non sarebbe entrata nelle tasche del gav, pesci di dimensioni ragguardevoli e nudibranchi di cui non sapremo mai
la specie, ma la prima cosa che dice passandomi le pinne è : "Menomale che non sei venuta, perchè la corrente era peggio di
stamani!!!".
Questa è la consolazione per aver fatto la cosa giusta, ma quanto ti rode esserti perso lo spettacolo, anche se solo per una
volta!!!!!
Al ritorno in albergo la guida ci propone per l’indomani Nusa Penida, isola ad un’ora di navigazione a sud-est di Bali,
uno dei migliori siti subacquei. Mi assicura che andremo con la barca, ma io sono già al lavoro per non farmi fregare
un’altra volta. Di rischi oggi ce ne siamo presi fin troppi e domani non voglio fare la sprovveduta! Loro non sanno che siamo
cresciuti (come sub!) sotto le grinfie di uno dei peggiori incubi che un diving poco serio possa incontrare come cliente dal
quale abbiamo imparato cosa un subacqueo DEVE pretendere e cosa un diving DEVE garantire in termini di sicurezza.
Per il secondo giorno consecutivo ci vediamo l’alba e la visione, per quanto magnifica, non migliora il mio umore. Sono
combattuta tra la spasmodica voglia immergermi e la voce della coscienza che dice: "Se non ci sono le condizioni giuste, te
l’immersione non la fai neppure oggi!!". La battaglia è dura perchè cosa ci può essere di negativo nel bonario desiderio di
andare sott’acqua? VOLERLO A TUTTI I COSTI!!!!
Mi rabbuio ancora di più quando vedo il solito camioncino, la solita guida e le bombole nel baule. Tutto sembra ripetersi
come in un incubo. Mi attacco alla speranza che forse la loro politica è quella di caricare ogni cliente con bombole e le
attrezzature e di radunarli tutti alla barca. Dopo una mezz'oretta ci fermiamo e da sotto il borsone della guida appare un
frigo portatile che viene pienato dal rivenditore locale di bibite! Le cose non si mettono bene. Di solito il frigo è già
nella barca, anche in quelle dei pescatori travestite da panfili per sub! Cinque minuti ed arriviamo ad una piccola baia
dove a colpo d’occhio non vedo nessuna imbarcazione sponsorizzata dal diving, a dire il vero non vedo nessuna imbarcazione
adatta per trasportare subacquei!! Non ci siamo! Due ragazzi si sbrigano a prendere il carico del pulmino e lo trasportano
verso una bagnarola che non raggiunge i cinque metri con due motori fumanti. Di male in peggio!!! Tre sono i componenti
dell’equipaggio, tre siamo noi, sei le bombole, tre attrezzature e il mega borsone dove sono riposte le nostre, borse e
zaini, frigo e box del pranzo……un’ora all’andata e un’ora al ritorno…..e non vedo porte sullo scafo! E neppure la scaletta!!!!
Per immergerci dovremmo salire sulla paratia (min 80cm) e tuffarci a meno di un metro da due motori fuoribordo….uhm….il
tutto per la modica cifra di 85 dollari americani ciascuno…. questi sono completamente pazzi!!!! E mentre io facevo i conti,
il Conti chiedeva dove fosse la famigerata bombola dell’ossigeno. La guida, dopo la seconda volta che abbiamo ripetuto la
domanda, continua a guardarci come se stessimo cercando una miscela per altofondisti, poi ancora dubbioso decide di chiamare
qualcuno con il cellulare. Passano i minuti e le telefonate si moltiplicano. Non capiamo niente perchè parlano in
indonesiano, ma sembra proprio che abbiamo creato una seccatura. Se ieri ero infuriata per aver perso un’immersione
immaginatevi quanto lo ero adesso che sembrava sfumare un’intera giornata!!! La bombola d’ossigeno è in ufficio….ma è vuota!!!!
Le altre due sono sulle barche utilizzate per le crociere. Io la voglio una solo per noi! Spero che non mi serva mai, ma la
voglio!!! E non solo perchè uno "stellato" centro di immersioni me la DEVE fornire, ma soprattutto perchè con due ore di
distanza dalla camera iperbarica, può voler dire vivere o rimetterci la pelle!!!!! La povera guida ci guarda sgomento,
anche perchè si sta giocando il giorno di paga per colpa di questi due rompiscatole che vogliono l’ossigeno. C’hanno due
bombole d’aria non gli bastano??? E dall’ufficio sono stati sinistramente chiari: o così o ci riportano all’albergo!!! E'
come se mi avessero dato un pugno nello stomaco, sono ammutolita (per me è veramente fuori della norma!), non riesco neppure
ad imprecare tanto sono avvilita e arrabbiata nera!!!!
Purtroppo non ci sono dubbi! Ritorniamo all’albergo! Rinunciamo alla gita per colpa degli standard di sicurezza!!!!
Abbiamo fatto bene???
C'è sicuramente chi starà pensando che tutto sommato potevamo anche andare. Se quella era la loro prassi sarà stata
sperimentata più volte e accettata probabilmente da tutti i subacquei, ma non è stato per ripicca, per paura o per eccesso
di prudenza che abbiamo detto no!!
La subacquea è uno degli sport che regala tante soddisfazioni, per le cose che vedi e per le esperienze straordinarie che
vivi, a patto però che certe regole vengano rispettate, SEMPRE!
Accettare compromessi nella subacquea significa lasciare al caso un’opportunità che può essere anche fatale. Può darsi
poi che la sorte voglia graziarti, che tutto vada per il meglio (in questo caso è bene fare tesoro della fortuna avuta e non
sfidarla una seconda volta!!!!), come può darsi anche che tutte le attenzioni di questo mondo non servano a nulla, ma NIENTE
mi deve obbligare a fare un’immersione quando non ci sono le premesse adatte, non un diving rinomato, non l’emulazione degli
altri o il loro giudizio, non la perdita di tempo o di soldi! Se esistono delle norme non è per riempire i test di fine corso
, ma perchè sono indispensabili per poter stare in sicurezza qualche ora in un ambiente meraviglioso che però non è il nostro.
f.to Elisabetta G.
P.S. (Comunque continuerà a rodermi fino alla prossima immersione!!!)
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